Calcolosi urinaria

La calcolosi urinaria è una condizione patologica delineata dalla presenza di piccoli “sassolini”, i calcoli appunto, che possono localizzarsi nelle vie urinarie a qualsiasi livello: pelvi, uretere, calici, vescica e uretra. Essi, solitamente si formano nel rene e quando sono di piccole dimensioni vengono espulsi attraverso il flusso dell’urina. Se un calcolo, invece, supera determinate dimensioni può ostacolare il deflusso dell’urina causando la cosiddetta colica renale.

Il dolore della colica renale compare in maniera violenta nella regione lombare e può irradiarsi procedendo verso l’inguine e i genitali. Può manifestarsi a fasi alterne diminuendo d’intensità per poi peggiorare nuovamente. Viene descritto come un dolore spasmodico e la durata può variare da alcuni minuti ad alcune ore. Possono associarsi ad esso altri sintomi come nausea, vomito, ematuria (sangue nelle urine), stranguria (minzione lenta e dolorosa) e talvolta anche febbre.
L’incidenza di questa patologia nel mondo è molto diffusa: si calcola che colpisca circa il 10 per cento della popolazione maschile e il 5 per cento della popolazione femminile. In Italia invece si verificano 17 casi su 1000 abitanti.
La fascia d’età più incline alla calcolosi urinaria è quella compresa tra i 30 e i 50anni.

I calcoli si distinguono in base alla composizione chimica, ognuno dei quali ha bisogno di un approccio terapeutico diverso. La calcolosi renale calcica o da ossalato di calcio è la più frequente (determina circa l’80 per cento di tutti i casi di calcoli renali). Poi vi sono altre forme meno comuni: da acido urico; da fosfato di calcio; da cistina; da struvite (chiamati anche calcoli da infezione); da farmaci; da diidrossiadenina (rari ed ereditari).

I principali fattori di rischio che incidono sulla formazione dell’urolitiasi sono la scarsa idratazione, un elevato consumo di proteine animali, l’obesità, la storia familiare. Esistono inoltre condizioni che aumentano il rischio di sviluppare calcosi urinaria come il morbo di Crohn, l’iperuricemia, iperossaluria, l’iperparatiroidismo primitivo, gli interenti chirurgici per la correzione dell’obesità.

La diagnosi per determinare la formazione dei calcoli urinari si serve di esami di laboratorio e strumentali:
l’esame delle urine e l’urinocoltura servono per individuare l’eventuale presenza di tracce di sangue ed infezioni urinarie; l’emocromo per rintracciare un aumento dei neutrofili (globuli bianchi del gruppo dei granulociti che indicano un’infezione batterica);
l’esame di funzionalità renale per individuare i livelli di creatinina, azotemia ed elettroliti;
l’ecografia renale, invece, provvede a fornire informazioni dettagliate senza esporre il paziente a radiazioni. Spesso permette di identificare il calcolo, la dimensione, la posizione e l’eventuale dilatazione del rene.
La radiografia all’addome consente di verificare la presenza di calcoli costituiti da ossalato di calcio e da fosfato di calcio poiché radiopachi. La TAC dell’addome fornisce una diagnosi molto accurata su sede, dimensioni e caratteristiche del calcolo oltre che fornirci informazioni sulla funzionalità del rene.

Per il dolore da colica renale, l’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) permette un adeguato controllo della sintomatologia. Nella fase acuta, si sconsiglia l’assunzione di liquidi poiché questi ultimi tendono ad aggravare il dolore sovraccaricando il rene. Sì potrà riprendere l’assunzione dei liquidi al termine della fase di dolore acuto.

Come si curano i calcoli?

Quando parliamo di trattamento del calcolo urinario i primi fattori da valutare sono la dimensione e la sede del calcolo.

Quando il metodo sopracitato non aiuta all’espulsione del calcolo e qualora parlassimo sempre di dimensioni ridotte, si opterà per la terapia espulsiva medica (MET). Essa ha come mezzo l’utilizzo di farmaci che permettono di rilassare la muscolatura ureterale e quindi a favorirne l’espulsione.
Quando non si arriva alla risoluzione del problema tramite i metodi conservativi si opta per la chirurgia, oggigiorno anche mini-invasiva (minore invasività, minori complicanza ed elevate prestazione).

La litotrissia extracorporea ad onde d’urto (ESWL) è una tecnica chirurgica mini-invasiva. Il litotritore, è una macchina che emette onde d’urto che attraverso la pelle arrivano al calcolo. Quest’ultimo assorbendo l’energia delle onde si frantuma e viene espulso con l’urina.

La litotrissia retrograda intrarenale (RIRS) è un metodo endoscopico mini-invasivo per il trattamento della calcolosi renale che permette di raggiungere risultati eccellenti: è sufficiente pensare che ha una percentuale di riuscita che va dal 93 al 100 per cento. Si utilizza un ureterorenoscopio, strumento a fibre ottiche flessibile, che attraversando le vie urinarie è in grado di arrivare (grazie alle sue piccole dimensioni) all’uretere e poi al rene. Dopo aver individuato il calcolo, esso viene frantumato con l’utilizzo di fonti di energia laser. I frammenti più grandi vengono rimossi con particolari strumenti, quelli più piccoli espulsi con le urine.
Nella maggior parte dei casi dopo questo intervento viene posizionato uno stent ureterale per facilitare il transito dell’urina, proteggere la via escretrice operata e in più evitare dolori post-operatori. Lo stent viene mantenuto per un periodo di tempo variabile in base al caso clinico.

L’ureteroscopia (URS) è una procedura chirurgica molto simile alla RIRS, la differenza sostanziale è nello strumento che viene utilizzato e nei calcoli che vengono trattati. Mentre nella litorissia intrarenale retrograda si utilizza uno strumento flessibile in grado di frantumare i calcoli renali o vicino al rene quindi intrarenali; nella Urs lo strumento chiamato ureteroscopio è semi rigido ed è in grado di frantumare solo i calcoli ureterali.

La nefrolitotomia percutanea (PCNL) è un approccio mini-invasivo indicato per la rimozione di calcoli di dimensioni considerevoli. Questo intervento consiste nel creare un tramite tra la cute e le cavità renali attraverso cui, con l’utilizzo di appositi strumenti, si esegue la bonifica della calcolosi renale con percentuali di successo molto alte.